Una squadra giovane guidata da Vujadin Boškov, - che ancora oggi ricordiamo simpaticamente per la celebre frase "Rigore è quando arbitro fischia" - si laurea Campione d'Italia grazie soprattutto alle prodezze della coppia gol Mancini-Vialli. Il primo possedeva una grande tecnica mentre il secondo aveva un innato senso del gol (in quell'anno fu capocannoniere con 19 centri), terminale d'attacco ideale di una squadra che costruiva le proprie fortune sulle corsie esterne. Su quella destra, a macinar chilometri e a sfornare cross, c'era il numero 7 Lombardo che tutti noi ricordiamo affettuosamente anche per la sua "pettinatura" (non me ne voglia il buon Attilio). Il suo DNA è sicuramente doriano (in campionato, più di 200 partite con la Samp) quindi è naturale che anche quello di suo figlio lo sia.
Mattia Lombardo inizia la sua carriera, già in tenerissima età, nella Sampdoria. Dai pulcini fino alla primavera, raggiunge appena qualche giorno fa, la Serie A (al Ferraris contro l'Inter) coronando così il sogno di una vita. Non è mai facile essere figlio d'arte perché le aspettative e le pressioni possono essere molteplici, ma Mattia è riuscito a gestire tutto con disinvoltura guadagnandosi prima le chiavi del centrocampo e poi la fascia di capitano della formazione allenata da Enrico Chiesa.
Impiegato con buoni risultati anche come centrale difensivo in una difesa a tre, è innanzitutto un regista che si muove in posizione mediana attento a mettere ordine e a gestire le ripartenze, ha nei calci piazzati la propria specialità (lo dimostrano i suoi gol e i numerosi assist in campionato).
Anche se la sua posizione in campo è differente, può ripercorrere benissimo le orme del padre in maglia blucerchiata e non è detto che, già dall'anno prossimo, possa mettersi in mostra sotto l'attenta guida di Siniša Mihajlović che da sempre predilige giocatori dai piedi buoni. In fondo papà Attilio se lo augura!
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