CON... ENRICO DIAMANTE - RESP. SETTORE GIOVANILE U.S. LECCE

(di Marco Fanuli)


Promesse del calcio incontra Enrico Diamante, responsabile, da luglio 2014, del Settore giovanile dell'Unione Sportiva Lecce. Successi, speranze e progetti di uno dei più importanti vivai calcistici del Meridione. 


PdC: Buongiorno e benvenuto su Promesse del calcio. Più di 10 anni al servizio del Lecce: come ha inizio la sua carriera?
ED: Ho iniziato con una mia scuola calcio. Si lavorava in modo molto professionale e avevamo circa 300 iscritti. Poi è arrivata la chiamata del Lecce e dopo aver trascorso 10 anni come istruttore nel Settore giovanile, sono stato prima responsabile dell'attività di base e poi allenatore dei Giovanissimi nazionali. Oggi ricopro il ruolo di responsabile del Settore giovanile, che mi ha portato, ahimè, ad allontanarmi dal campo. 
Qui si cerca sempre di educare al meglio gli istruttori a non utilizzare i ragazzi per i propri interessi. Spesso succede che vengono affidati ragazzi ad ex calciatori, che poi li utilizzano come proprio trampolino di lancio. In Italia è una prassi abbastanza comune. 

PdC: Quanto sono importanti, secondo lei, i primi anni di attività nella crescita di un giovane calciatore?

ED: Sono fondamentali, non importanti. Se le basi sono solide, come in qualsiasi settore, si può progettare al meglio il futuro. In caso contrario si rischia di arrivare ad un prodotto finito che avrà sempre delle problematiche. I primi anni sono fondamentali soprattutto nello sviluppo delle capacità coordinative dei ragazzi. Nelle fasce basse spesso si dà importanza al risultato del collettivo e non alla crescita individuale. Per noi è molto importante educare prima di tutto gli istruttori delle Scuole Calcio. Molte delle quali nascono a scopo di lucro, come dire: "qui si vince e qui vi dovete iscrivere". Questa non è la cultura giusta per formare un Settore giovanile. Quindi, se riuscissimo ad istruire i nostri istruttori prima dei ragazzi, secondo me sarebbe un successo per tutti.
Ecco perché diamo tanta importanza all'attività di base. Senza quella sarebbe tutto più difficile.

PdC: Come avviene la ricerca dei giovani calciatori? Si cerca esclusivamente nel territorio salentino oppure è estesa anche in altre zone o province?

ED: Io sono stato nel Settore giovanile anche quando il Lecce militava in Serie A. Nei primi 7 anni la priorità era quella di cercare i ragazzi nel nostro territorio. Siamo arrivati ad avere quasi 30 ragazzi nel seminario gestito dal responsabile Don Damiano Madaro, la persona che ha cresciuto Vucinic, Bojinov ed altri. Naturalmente oggi in Lega Pro gl'investimenti sono diminuiti, ma abbiamo la fortuna di aver ereditato dalla serie A la cultura del lavoro. La maggior parte della ricerca avviene nella provincia di Lecce, circa il 70%, il restante 30% dalle province di Brindisi e Taranto.

PdC: Quanto è importante la figura di Don Damiano proprio nella crescita di questi ragazzi?

ED: Abbiamo sempre detto che vogliamo formare i calciatori in modo totale. I valori della persona sono imprescindibili. Abbiamo quindi istituito la figura del "responsabile dell'attività formativa", appunto con Don Damiano, un sacerdote che ha anni e anni di esperienza e che segue i ragazzi a 360°: nell'educazione, a scuola e in campo. Li abituiamo ad assaporare prima le sconfitte nella vita. Imparare ad accettare la sconfitta per ripartire subito e guardare avanti a testa alta. Non bisogna insegnare solo a vincere, ma anche a fare i conti con qualcosa che poi incontreranno nella loro vita. In questo Don Damiano è molto bravo. Tiene sempre tutti con i piedi per terra in un mondo in cui ci sono da gestire anche i genitori. A volte sono un problema, perché pensano di avere tra le mani un assegno circolare e non un figlio. Non accettano le loro scelte e disturbano la crescita graduale del ragazzo. Anche per questo la sua figura è fondamentale.

PdC: Il settore giovanile quest'anno si sta comportando molto bene. Ad esempio la Berretti e gli Allievi Nazionali sono ai vertici della classifica. Si aspettava da subito questi risultati? 

ED: Oggi posso dire che dopo 10 anni il 90% dei ragazzi è stato scelto e cresciuto anche da me. Ho allenato tutte le categorie, per cui sono passati praticamente tutti da me. Col tempo ho avuto la certezza che l'organizzazione del lavoro avrebbe portato al successo, che non significa essere primi in classifica, ma riuscire a portare i giocatori a fare esperienza nelle nazionali. Questo per noi è un grande successo, come lo è sapere che dei nostri ragazzi sono seguiti dai grossi club. È importante anche per noi, perché in questo modo possiamo confrontarci con le grandi realtà sia a livello di metodologia, sia per capire meglio quali sono le qualità del nostro "prodotto finale". Il fatto che uno dei nostri giovani viene convocato in Nazionale con altri ragazzi di A e B, nonostante militiamo in Lega Pro, è importante anche per una valutazione del nostro lavoro.

PdC: Come mai la scelta di schierare ragazzi sotto età nelle varie categorie?

ED: Giochiamo sotto età perché cerchiamo di fare investimenti in prospettiva. Io ho più interesse se negli Allievi gioca un classe '99 e non un classe '98 come normale che sia. Non interessa vincere semplicemente una partita, ma bisogna farlo attraverso la costruzione del gioco. Abbiamo ragazzi interessanti in tutte le fasce. Ad esempio i Giovanissimi nazionali vengono valutati non per la loro posizione in classifica, ma per il loro possesso palla e per le loro capacità tecniche. In Italia spesso si decide di giocare con lanci lunghi verso i ragazzi più forti fisicamente e che sanno fare gol, ma tutto questo è sbagliato. Noi facciamo crescere i nostri ragazzi "a tema", costruendo il gioco dal portiere e coinvolgendo tutti i reparti senza mai buttare il pallone, ma conquistandolo per far ripartire l'azione immediatamente. Stiamo tentando di fare del nostro meglio in questo senso. 

PdC: Quando in estate è stato presentato come nuovo responsabile del Settore giovanile ha parlato di una programmazione graduale. A che punto siete?

ED: In conferenza stampa ho detto che ci sarebbero stati degli obbiettivi immediati come quelli organizzativi, legati alle figure dell'area educativa e formativa, ai preparatori atletici e alla parte medica. Programmiamo spesso riunioni con tutti gli istruttori del Settore giovanile, sulla metodologia da adottare per poter crescere insieme. Da questi confronti emergono le attività più appropriate per i ragazzi.
Gli altri obbiettivi fanno parte di una programmazione pluriennale perché se partiamo dall'attività di base, i risultati si vedranno solo negli anni a seguire.

PdC: Persano, Cicerello e Luperto si stanno mettendo in mostra nel Napoli di Saurini. Pensa ci possa essere ancora per loro un futuro in giallorosso, magari in prima squadra?

ED: Me lo auguro, anche perché sono ragazzi che ho cresciuto direttamente. Due provengono dalla mia ex scuola calcio e quindi si può dire che siamo cresciuti insieme. La mia più grande soddisfazione è vederli un giorno in maglia giallorossa, anche se in realtà è già successo, perché Cicerello e Persano hanno esordito in Coppa Italia contro il Parma. Successivamente sono stati mandati in prestito per un processo di maturazione e di crescita ed è giusto che facciano un campionato Primavera e non un campionato Berretti. Se avessimo trattenuto tutti i classe '96 nella Berretti, magari avremmo stravinto il campionato senza dare però ai ragazzi l'opportunità di confrontarsi con altre realtà. Se poi dovessimo salire in B cambierebbe anche la nostra programmazione perché ci sarebbe una squadra Primavera. Ma oggi ci interessa far giocare anche i '98 nella Berretti visto che gli Allievi hanno un grande vantaggio in classifica. Quindi alcuni di loro sono stati aggregati alla Berretti, compreso un ragazzo classe '99.


PdC: A Roma, dopo Daniele Verde, si parla molto bene di Francesco Di Mariano, vecchia conoscenza del vostro vivaio. Ci può dire qualcosa in più su questo ragazzo?
ED: Il vivaio del Lecce non è stato solamente Di Mariano. "Ciccio" è arrivato da noi tra i Giovanissimi nazionali e con l'ex direttore Alberti, attuale allenatore della Reggina, con il quale mantengo ancora un ottimo rapporto, abbiamo visto fin da subito che aveva qualità importanti. Oggi penso possa far bene lì dov'è anche perché il vivaio della Roma è tra i più importanti in Italia. Ma noi abbiamo cresciuto anche Yuri Meleleo che oggi è nella Primavera del Milan oppure Stefano Greco, portiere titolare della Nazionale under 17, classe '99 e giocatore della Roma, come anche Grossi e altri.

PdC: Questo significa che anche chi l'ha preceduta ha svolto un ottimo lavoro?

ED: Il merito non è mai di una sola persona, ma sempre del gruppo. Se un ragazzo fa carriera il merito non è di chi l'ha allenato negli Esordienti o nei Giovanissimi, il merito è di tutti perché ognuno di noi ha contribuito alla sua formazione.

PdC: È rimasto in contatto con qualche ragazzo che ha conosciuto o allenato in passato nel Lecce?

ED: Con tutti. Sebastiano Luperto mi ha chiamato dopo la bellissima esperienza in Supercoppa contro la Juventus, quando è stato aggregato in Prima squadra. Ma sento spesso anche chi gioca a Roma o a Milano. Si instaurano rapporti che vanno oltre l'aspetto calcistico. Sono ragazzi che vedi crescere. Diventano come dei secondi figli e anche se fanno parte di altre società, non vanno mai abbandonati o lasciati da soli.

PdC: Cosa cambierebbe nella gestione dei settori giovanili italiani?

ED: Fosse per me costituirei la cosiddetta "Università". Per diventare medico bisogna fare l'università, prendere la laurea ed essere abilitato alla pratica. Per poter allenare in prima squadra, dal mio punto di vista, bisognerebbe allenare 5 anni nel Settore giovanile e poi sostenere l'esame per essere abilitato. Qui in Italia a volte per allenare è sufficiente essere stato un ex calciatore. Investirei molto sulla formazione degli istruttori perché il calcio è in continua evoluzione e non bisogna essere legati solo ai risultati. Se noi proviamo a vedere le partite del Viareggio, ci accorgiamo che appena inizia la competizione scompare il gioco. A volte abbiamo difficoltà anche affrontare nazionali di livello più basso, ci mettono spesso in difficoltà a livello di gioco e di possesso palla. 
Sempre a Viareggio, ma anche nel campionato Berretti, capita di vedere giocatori del '95, gente con ormai 20 anni che non dovrebbe più essere nel Settore giovanile. Non capisco questo a cosa possa servire. 
Inoltre in passato abbiamo giocato finali con Juventus o altri club di prima fascia e già in categorie, come quelle dei Giovanissimi, giocavano titolari 4-5 ragazzi stranieri. Non credo che in Italia non ci siano ragazzi altrettanto validi. Penso che così facendo, si diano poche possibilità ai nostri ragazzi. E poi ci vorrebbe più coraggio da parte degli allenatori. Bisogna far giocare i giovani subito, dando la possibilità di esordire e di giocare una serie di partite per dimostrare il proprio valore. A parole è facile a dirlo, ma nei fatti sono pochi allenatori che rispettano questa idea e che mandano in campo diciottenni.


© RIPRODUZIONE RISERVATA  -  6 MARZO 2015

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