CON... ROBERTO DRUDA - CONSIGLIERE DELFINO PESCARA 1936


di Marco Fanuli

Dopo le prime 7 giornate di campionato, la capolista Pescara si gode il primato in solitudine. La squadra a disposizione di mister Giuseppe Pillon risulta essere un mix perfetto tra giocatori esperti e giovani molto promettenti. In esclusiva per Promesse del Calcio, abbiamo analizzato il felice momento degli abruzzesi con il Consigliere Roberto Druda, con un occhio di riguardo proprio sui giovani biancazzurri e sul lavoro di scouting che lo stesso Druda - assieme al club - sta portando avanti negli anni e con ottimi risultati.


PdC: Buongiorno e benvenuto su Promesse del Calcio. Parliamo subito del felice momento della Prima squadra: primo posto in classifica e squadra imbattuta dopo 7 giornate. Vi aspettavate un inizio così positivo?
RD: Eravamo molto fiduciosi sul potenziale della squadra, ma in effetti non ci aspettavamo di essere al comando dopo 7 giornate.

PdC: Una squadra composta da giocatori esperti e molti giovani promettenti, una sorta di "dream team" provenienti dai settori giovanili di Serie A. È stato una vostra politica fin da subito oppure avete colto occasioni del calciomercato man mano che si presentavano? 
RD: Ormai abbiamo una buona considerazione da parte di società di Serie A come Inter, Juventus, Roma e Atalanta. Anche in Serie A abbiamo avuto giocatori del calibro di Cristante, grazie proprio al buon rapporto con l'Atalanta. E poi abbiamo anche un buon settore giovanile che ci permette di fare scambi.



PdC: Parliamo dei giovani della vostra prima squadra. Alcuni di loro, come Gravillon, Antonucci e Machìn, sono già delle certezze per mister Pillon. Altri come Melegoni , Del Sole e Scalera devono ancora prendere confidenza col campo. Ci sarà spazio per tutti?
RD: Ci sarà spazio per tutti perché la nostra squadra è stata pensata così. Lo scorso anno avevamo Luca ValzaniaChristian Capone che anche quest'anno ha preferito tornare con noi. Quest'anno abbiamo Filippo Melegoni che secondo me diventerà un grande giocatore.
I nostri "vecchi" sono solo Campagnaro e Brugman, mentre in difesa abbiamo Del Grosso che è voluto tornare in Abruzzo, perché originario di qui. Come si dice in spagnolo, penso che siamo una buena mezcla (ndr - in italiano, un buon mix).

PdC: I risultati del vostro lavoro di scouting in Sudamerica e in particolare in Uruguay sono sotto gli occhi di tutti, basti pensare a Lucas Torreira. Come mai si è deciso di investire proprio in questo Paese? Crede ci sia affinità col calcio italiano?
RD: Si è deciso di investire in Uruguay anche perché abbiamo un socio uruguaiano che in passato è stato presidente dei Wanderers di Montevideo, società con la quale manteniamo ottimi rapporti. Quest'anno nella rosa della prima squadra abbiamo Edgar Elizalde, titolare dell'U21. È una strategia data anche dal fatto che i due club si conoscono e collaborano da ormai diversi anni. Da parte mia, ho sempre cercato di potenziare il "progetto" che prevede la tecnica sudamericana abbinata alla tattica italiana sapendo che in Uruguay ci sono molte famiglie con discendenza italiana. Se andiamo ad esempio in Cile, questa casualità si abbassa fino all'1%, mentre in Uruguay, così come in Argentina, abbiamo il 50% di possibilità di trovare ragazzi con la doppia cittadinanza.

PdC: Sempre a proposito di Uruguay, ci può descrivere brevemente qualità e difetti proprio di Edgar Elizalde e se ci sono possibilità di vederlo presto in campo in campionato dopo i buoni 90 minuti in Coppa Italia contro il Chievo?
RD: Elizalde è un ragazzo che, diversamente da Torreira (arrivato in Abruzzo a fari spenti), gli è stato subito associato un valore di mercato. Quindi, mentalmente, sarà più difficile per lui emergere rispetto a Torreira, perché dovrà dimostrare e giustificare il suo valore. Però è un ragazzo che già lo scorso anno con Zeman e con la Nazionale U21, ha fatto vedere tutte le sue qualità. Fisicamente è un giocatore prestante. Come difensore è già di buon livello, forte di testa e che sta imparando gradualmente a giocare in linea dato che proviene dal un calcio (quello sudamericano) fatto di marcature a uomo. Questa sarà la sua prima difficoltà da affrontare, ma è solo una questione di tempo. È già accaduto a Gravillon, ma quest'anno è maturato molto sotto questo aspetto. Abbiamo molta fiducia in Elizalde e sicuramente si farà trovare pronto quando sarà chiamato in causa.



PdC: È soddisfatto di come avete allestito la Primavera di Luciano Zauri e chi tra i suoi ragazzi l'ha sorpresa maggiormente? 
RD: Sia nella Primavera, sia nelle restanti squadre del settore giovanile, abbiamo la fortuna di avere ragazzi molto interessanti. Il settore giovanile è il fiore all'occhiello della società. Questo è anche il motivo - per come insegniamo calcio - per cui dall'Uruguay ci mandano giocatori, come Rodrigo Muniz, una ragazzo del 2001 con tanto talento. Ma ci sono anche diversi ragazzi italiani che stanno dimostrando grandi cose. Abbiamo mandato alcuni di loro all'Inter e alla Juve. Non so quanti di loro riusciranno a scalare la vetta del professionismo, ma sono sicuro si parta già da un buon livello. Abbiamo Marco Camilleri o Fabian Pavone, ragazzi molto promettenti.

PdC: Al Pescara quanto è importante la scelta degli educatori/allenatori nel settore giovanile?
RD: Per noi il settore giovanile è la linfa vitale per andare avanti. È l'obiettivo del nostro Presidente e di tutta la società. Abbiamo allenatori di prim'ordine. Ad esempio, Muniz aveva anche altre richieste da parte di società molto prestigiose come il Monaco, ma la sua famiglia ed i suoi allenatori uruguaiani hanno consigliato il ragazzo di scegliere Pescara, proprio per la qualità dei nostri tecnici. Anche la città di Pescara è un buon incentivo per questi ragazzi. Vengono sempre accolti benissimo, perché è culturalmente avanti rispetto ad altre. Fa sentire il proprio calore ed i ragazzi riescono a ambientarsi più velocemente.
Poi giocatori come Campagnaro e Brugman sono sempre disponibili ad accogliere i nuovi giovani sudamericani, anche solo moralmente. Il nostro è un club caloroso, sia per clima, sia per le persone che lo rappresentano, dai giocatori agli allenatori, dai dirigenti fino al presidente Sebastiani.


PdC: Secondo lei, in cosa deve ancora migliorare il settore giovanile italiano? 
RD:  Penso di avere tanta esperienza nei settori giovanili. A parte i soliti problemi legati al benessere e agli smartphone, penso che un problema da non sottovalutare, per quanto riguarda la tecnica di base, è il campo in sintetico che ad esempio falsa i rimbalzi rispetto ai campi naturali. Forse per quanto riguarda la tattica è l'ideale, ma per quello che interessa la tecnica - il tackle, l'anticipo, il contrasto, il dribbling, i riflessi - è sempre preferibile un manto naturale. 
Un altro aspetto da non sottovalutare è l'educazione fisica dai 5 anni in su. I bambini non fanno più ginnastica, non praticano più una varietà di sport come una volta, nemmeno a scuola. La differenza proprio con l'Uruguay è evidente: siamo molto più indietro da questo punto di vista. Parlando con i genitori di Lucas Torreira, ma anche dello stesso Brugman, i ragazzi da piccoli sapevano giocare molto bene anche a basket. Questo significa che hanno praticato correttamente lo sport anche a scuola e che lì è presente la cultura per la ginnastica, nonostante non abbiano mai avuto pavimenti in parquet o palestre riscaldate. 
In Italia le cose sono molto diverse. Guardando gli stadi vicino a noi ci rendiamo conto di come le piste d'atletica sono in completo stato di abbandono. Sono convinto che saper giocare a più sport come basket, calcio e pallavolo - le maggiori discipline sportive in Italia - e praticandolo dall'età di 5 anni, migliora le prestazioni future di un atleta, nel gioco aereo, nella coordinazione, nei movimenti del tronco e degli arti. Non sono tanto d'accordo con chi parla di mancanza di strutture, perché quando parliamo di grandi giocatori formati per "strada" cadono tutti i discorsi relativi alle strutture. Abbiamo sempre più bisogno di "maestri di calcio".
Bisogna dare merito a chi fa bene questo lavoro. In Italia ci sono tanti allenatori, ma con i più piccoli c'è bisogno di veri e propri maestri che, con pazienza, insegnino a come poggiare il piede, come si stoppa, come si corre. È una figura che negli ultimi anni è venuta meno. 
Non per fare polemica, ma quando feci il corso di allenatore di settore giovanile, il mio esaminatore era il giocatore più scarso con cui avessi mai giocato! Purtroppo succedono anche queste cose. Le piccole società non scelgono gli allenatori in base alla loro preparazione, ma in base al tempo a disposizione, agli sponsor o solo perché rinunciano ad uno stipendio. Se un ragazzo talentuoso va in mano a questa gente, il talento sarà destinato a scomparire



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Foto da pescaracalcio.com 

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