CON... SALVATORE ALLOCCA - REGISTA DI "MANCINO NATURALE"

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di Marco Fanuli

In uscita, il prossimo 31 marzo nelle sale italiane, l'attesissimo film "MANCINO NATURALE" del regista Salvatore Allocca. Una commedia drammatica che ruota attorno al complesso personaggio femminile di Isabella - Claudia Gerini - di suo figlio Paolo - Alessio Perinelli - una promessa del calcio dal sinistro fenomenale e del loro vicino di casa Fabrizio - Francesco Colella
Ci siamo fatti raccontare del film dal regista Salvatore Allocca. 

PdC: Come nasce questo film?
SA: L’idea del film nasce dalla penna degli autori del soggetto, Massimo De Angelis ed Emiliano Corapi, che mi proposero l’idea e con i quali poi sviluppai la sceneggiatura. L’intento è sempre stato quello di raccontare una commedia drammatica che vedesse al centro un rapporto disfunzionale madre figlio che partisse dall’attualità dei baby calciatori.

PdC: Nel periodo in cui giravate il film è arrivata la notizia di un grande lutto nel mondo del calcio rappresentato della scomparsa di Paolo Rossi, figura cardine evocata nella tua storia. Che cosa ha rappresentato per te questo calciatore?
SA: In verità non molto, lo conoscevo poco. Ne avevo sentito parlare dai racconti di mio padre che me lo citava sempre quando mi raccontava della vittoria della nazionale italiana ai mondiali di calcio del 1982. Io sono nato l’anno dopo, quindi non l’ho mai visto all’opera quando giocava. In Mancino Naturale volevamo inserire la figura di un calciatore che avesse un punto di contatto con la città di Vicenza, dove abbiamo ambientato una parte delle storia, e in omaggio al quale derivasse il nome del bambino protagonista del film, Paolo appunto. È stato il mio produttore Daniele Esposito, grande esperto di storia del calcio, a indirizzarmi nella scelta della figura di questo campione. Paolo Rossi aveva anche accettato di fare un piccolo cameo nel film, ma purtroppo il caso ha deciso diversamente.

PdC: Che significato ha per te questo film? È più legato al mondo del calcio giovanile o a quello della responsabilità genitoriale?
SA: Questo film è molto più legato alla responsabilità genitoriale. Parte dal mondo del calcio giovanile per raccontare, come spesso accade anche in ambiti diversi - vedi il mondo dello spettacolo in generale ad esempio - come alcuni genitori proiettino sui propri figli, in maniera troppo pressante e gravosa, sogni e aspirazioni troppo grandi per la loro giovane età, cercando di spingerli a tutti i costi verso un futuro che forse non è quello che realmente desiderano. Ma pur di non disattendere le aspettative del papà, o della mamma, questi ragazzini farebbero di tutto, anche rinunciare alla spensieratezza e ai piaceri della propria giovane età. Perciò questo parte da un’attualità sociale e sportiva per raccontare una storia universale in cui molti potranno in qualche modo riconoscere sé stessi o persone a loro vicine.

PdC: Quella della madre Isabella è una figura cruciale e complessa nella storia, un adulto che proietta sul figlio un desiderio di carriera che non è neppure suo: quanto contano questi atteggiamenti sulla vita dei ragazzi? Non è neanche un problema che si può circoscrivere al solo mondo del calcio…
SA: No, infatti, è una problematica che può essere ricondotta a molti ambiti, non solo sportivi. Come dicevo prima, un esempio più facile sarebbe quello del mondo dello spettacolo. Vedi in quanti programmi di Talent, casting per tv e cinema, o concorsi di bellezza, sono proprio i genitori a spingere i propri figli a "lanciarsi" e a provarci a tutti i costi.
Isabella, la protagonista di Mancino Naturale che nel film è interpretata magnificamente da Claudia Gerini - in stato di grazia a mio avviso - è un po’ come una moderna Anna Magnani nel capolavoro di Visconti, “Bellissima"

PdC: In questo film ci sono delle zone d’ombra del mondo del calcio giovanile, si parla di personaggi senza scrupoli. Ci sono davvero? Ti sei basato su storie realmente accadute per costruire questa parte della storia?
SA: Certo, ci sono davvero e ci siamo ampiamente documentati. Notizie di cronaca relative all’argomento sono da tempo note a molti. Sono diversi infatti gli scandali che si sono succeduti sull’argomento negli anni e che i media hanno reso noti.

PdC: Per la realizzazione del film ti sarei dovuto rapportare con anche giovani calciatori (o aspiranti tali) e con qualche società giovanile, se è così ci vuoi/puoi raccontare con chi e come è andata?
SA: Sì, in particolare, ci siamo avvalsi del supporto della SAMAGOR, una società calcistica di Latina, - dove è ambientata gran parte della storia - che ci ha seguito puntualmente nella preparazione delle scene di calcio, aiutandoci a costruire azioni calcistiche credibili e mettendoci a disposizione un team di allenatori e giocatori motivato e preparato. Senza il loro supporto non sarei mai riuscito a mettere in scena le partite di calcio che si vedono nel film. Il calcio è difficile da rendere cinematograficamente rispetto ad altri sport più improntati sul controtempo e con meno tempi morti. Perciò per me era indispensabile avere ben chiaro cosa dovesse accadere in campo e prepararlo, "coreografando" prima dell’inizio delle riprese le azioni che poi avrei filmato.


PdC: Come credi che reagirà il mondo del calcio (procuratori inclusi) rispetto al tuo film?
SA: Quello serio, quello che realmente crede nello sport non solo come un business, ma come un’attività nobile, inclusiva e socialmente utile, che in alcuni casi può realmente "salvare" le persone - perché in generale lo sport fa anche questo - da situazioni difficili, o di emarginazione, guarderà questo film con interesse, restandone piacevolmente colpito e aprendo dibattiti costruttivi. Tutti gli altri, quelli meno seri che popolano questo mondo, reagiranno come fanno di solito i cinici e i nichilisti quando vengono punti nel vivo: con l’indifferenza, o lo scherno indistinto.

PdC: Sei un appassionato di calcio?
SA: No, ad essere sincero sono più interessato al ciclismo. Di Mancino Naturale mi interessava l’aspetto antropologico della vicenda e ho ritenuto il calcio essere un elemento di traino nazional popolare molto utile da sfruttare per raccontare una vicenda familiare.
Io sono un appassionato di storie che toccano il cuore e che valgono la pena essere raccontate attraverso il Cinema che è il mio mezzo di espressione. E in questo senso credo che Mancino Naturala sia una storia su di una famiglia disfunzionale, in cui si ride e si piange, dall’appeal universale che potrà interessare molti, anche chi in uno stadio è entrato solo per vedere un concerto e di calcio non capisce nulla.

PdC: Anche tu da piccolo sognavi di diventare una promessa del calcio?
SA: No, sognavo di diventare un astronauta. E alla fine sono diventato un regista… non ci sono andato molto vicino, però coi sogni ho sempre a che fare. E chissà che un giorno non farò un film ambientato nello spazio e riuscirò a chiudere un cerchio.

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